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E poi arrivi tu

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Quando ero piccola mi piaceva fantasticare insieme alla mia amica sul mio futuro e la conclusione era sempre la stessa… trentenne, donna in carriera, madre di due splendide creature e moglie felice. Nel corso del tempo ho dovuto rivedere alcuni lati di questo fantastico futuro ed oggi la trentacinquenne che vi scrive non è sposata, non è una donna in carriera, ma è la madre più felice del mondo. Alcuni giorni anche un po’ stanca dovendo vivere in perfetto equilibrio tra famiglia, casa, lavoro ed un’apparente vita privata.

Fino a poco tempo fa mi vedevo madre con qualche riserva, o meglio, era insito in me il timore di non essere all’altezza della situazione. Forse proprio questo stato d’animo mi ha spinta a vivere l’esperienza della gravidanza e del rapporto con mia figlia in maniera serena e consapevole. Sento spesso notizie di mamme stressate, di crisi post-partum e di parti non bellissimi. Ecco, vorrei raccontarvi l’esperienza del mio fantastico parto…

Partiamo dall’inizio, avevo deciso e programmato che se non fossi rimasta incinta entro il 2012 non avrei più voluto figli perché troppo vecchia. Bene, ho subito capito che è meglio non fare programmi, infatti sono rimasta incinta agli inizi del 2013 ed un po’ come il programma televisivo “Non sapevo di essere incinta” ho vissuto il primo mese facendo un trasloco, guidando lo scooter, subendo due piccoli interventi in anestesia locale ed altre cose non propriamente consigliate nel primo trimestre. Ricordo ancora il test, quella lineetta rosso vivo subito apparsa e quel sorriso nervoso che non mi si toglieva dal volto, ricordo di aver guardato negli occhi il futuro papà dicendo “Ed ora?”

Da quel momento ho iniziato a vedere quella piccola parte di me ogni notte nei miei sogni però non aveva mai un volto reale, l’unica cosa che sentivo forte è che sarebbe stata una bimba. Inizialmente tutti pensavano ad un maschio, tutti tranne io e, quando l’esito dell’amniocentesi ha confermato l’arrivo di una cucciolotta, sono stata la futura mamma più felice del mondo. La gravidanza è stata abbastanza tranquilla tranne per le nausee che mi hanno accompagnata fino al parto però fanno parte del gioco e mi sono goduta anche quelle.

Bene, il 9 ottobre giorno presunto del parto, mi trovo all’ospedale per il monitoraggio e, dato che avevo avuto qualche perdita, decidono di farmi vistare dall’ostetrica. Risultato, bimba alta, utero chiuso, parto lontano. Torno a casa con il consiglio da parte dei medici di camminare molto per stimolare il parto. Il 10 mi sveglio con dolori più insistenti però so che non è ancora il momento quindi trascorro la giornata facendo le solite cose. A pranzo non mangio perché non mi sento molto bene, questa la versione ufficiale, in realtà mi ero mangiata quasi un pacco di patatine (ultimo cibo prima della nascita, quindi ho fatto benissimo direi). (Piccola parentesi … Mia madre prima di presentarsi all’ospedale per farmi nascere si mangiò un gelato grandissimo e poi vai di cesareo…) Il pomeriggio vado a fare la spesa e, mentre sono al supermercato, sento dolori sempre più forti però non è ancora il momento – dico tra me e me – quindi vado avanti. La sera i dolori diventano talmente forti che mi viene da piangere ed allora decido di tornare all’ospedale. Prima di uscire di casa il mio ragazzo dice che deve fare una cosa importantissima, cioè preparare una borsa con biscotti, patatine, acqua, coca cola e succo perché non si sa mai quanto dobbiamo stare in ospedale. Ecco, forse pensava di andare a fare un pic-nic. Gli dico di uscire 5 minuti dopo di me per non dare nell’occhio perché Roma è grande, ma tutti parlano. Quindi io esco camminando a testa alta, spalle indietro e pancia in fuori, molto in fuori, giro l’angolo lontano dalla vista indiscreta dei vicini ed inizio a strisciare sul marciapiede fino al luogo dell’appuntamento. Lui esce con la valigia e dopo 3 minuti il telefono di casa dei miei inizia a squillare perché vogliono sapere se è nata. Una volta salita in auto cerco di respirare in maniera adatta, ma non avendo frequentato il corso preparto non conosco la maniera adatta così la soluzione più rapida è quella di cercare un tutorial sulle respirazioni. Arrivata all’Ospedale Villa San Pietro (ottima struttura) mi fanno il monitoraggio, mi visitano e mi dicono che sono in travaglio e che mi devono ricoverare. Bene, dopo “24h in sala parto” ecco per voi 27h di travaglio, i dolori aumentano sempre più, ma lei non vuole abbandonare la sua mamma. Finalmente attorno alle ore 9.00 dell’11 mi fanno la prima dose di epidurale. L’anestesista è un signore troppo simpatico che accetta le mie battute e riesce anche a farmi ridere. Inizialmente l’epidurale mi crea qualche problema, sembro come drogata però poi mi riprendo. Iniziano le visite delle ostetriche che monitorano la mia situazione. Arriviamo a pranzo e chiedo la seconda dose. Nel frattempo mia madre, che è in sala travaglio con me, mangia beata le cibarie del pic-nic e me le offre pur sapendo che non posso toccare nulla con la bocca. Resisto, anche se il mio stomaco si agita più per la fame che per l’arrivo della principessina. Alle 15 chiedo l’ultima dose che mi è concessa, inizialmente non vogliono somministrarmela per paura di rallentare il parto, ma giuro di essere collaborativa. Iniziano dolori sempre più forti e sembra che la situazione si stia sbloccando. Spingo, spingo, ma ancora nulla allora mi consigliano di alzarmi e di spingere poggiandomi al letto. Io, un po’ perplessa, chiedo se la bimba potrebbe cadere stando in piedi. La prendono come una battuta e si mettono a ridere. Poi, finalmente, sento la testolina e comunico che è tra noi. Mi fanno sdraiare nuovamente sul letto (un’impresa salire sul letto con quel palloncino tra le gambe) per poi dirmi che possiamo andare in sala parto. Io credevo che andassimo con la barella, invece mi dicono che si va a piedi. Così riscendo in maniera goffa dal letto ed inizio a camminare a piedi nudi come una papera verso la sala parto con una dottoressa che mi dice “Betty Boop le pantofole” (ebbene sì, mia madre mi ha comprato le pantofole di Betty Boop). Rispondo che non mi interessa nulla delle pantofole e che ci dobbiamo sbrigare. Entrata in sala parto accendono i riflettori ed ammirano la mia situazione chiamando anche le tirocinanti, poi fanno entrare il mio compagno e, dopo una mia piccolissima spinta, lei è schizzata fuori come un piccolo delfino. Tante ore di travaglio per un parto più veloce della luce, senza tagli e con un solo punto. La prendono e la poggiano su di me e Julia, questo il suo nome, è la bimba più buona del mondo poi me la tolgono per pesarla ed inizia a piangere e strillare come un falchetto che vuole la sua mammina…

Questa, più o meno, la storia del nostro primo incontro. La vostra come è stata?

Il giorno della scoperta

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Il primo incontro tramite un monitor

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JP allo stadio Olimpico

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Vi presento Julia

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Il giorno dell'amniocentesi

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JP a Piazza di Spagna

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La pancia cresce

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JP

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Il bracciale più bello del mondo

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