Nella vita ci possono insegnare l’educazione e i veri valori, ma nessuno potrà mai insegnaci a fare i genitori.
Erano giorni, mesi, anni (si va beh, secoli) che non scrivevo un post personale. Uno di quei post che in realtà non è un post, ma solo pensieri che ruotano nella testa e che, per dispetto, mi vedono parlare da sola mentre fisso il monitor in una cucina deserta all’alba di un piovoso risveglio.
Sarà colpa del silenzio, sarà colpa dei due mega biscotti appena mangiati (va beh, tre biscotti. Ma il terzo era piccolo. – Si, e gli altri due pieni di cioccolato – Spiona!).
Come potete notare, io e la mia alter ego non andiamo molto d’accordo. Ci vogliamo bene, però non ce le mandiamo a dire. In fin dei conti, l’amore non è bello se non è litigarello e noi due, come potete notare, ci amiamo.
Torniamo al concetto del ruolo dei genitori e del perché stamattina mi sia svegliata con questo mood. Cosa è successo? Nulla. Tutto perfettamente normale, tranne quella frase…
“Mamma, ti devo dire una cosa… Mi manchi, tanto tanto e vorrei tu fossi qui con me (sì, la sto crescendo a pane e tempi verbali). Io voglio stare sempre con te. E nessuno si deve permettere di farti del male. Ti difendo io (questa frase, in realtà, non l’ha detta al telefono ma la dice dal vivo con chi si rivolge a me. Ora siete tutti avvisati)”
Beh, non sei contenta?
Si, ovvio. Però non me l’aspettavo. Lei risponde al telefono solo se obbligata e dietro ricatti e dice una marea di parole buttate lì e lo fa anche bene perché qualcuno ci crede. Ma ieri era sincera come solo i bambini sanno esserlo. Talmente tanto sincera che poi mi ha liquidata con un “Mamma, attacca il telefono perché ho da fare.” (cosa avrai mai da fare di così importante a 4 anni?) – “Ma io non voglio attaccare.” – “Ok, allora attacco io.” (mmm, ora che ci penso un po’ troppo sincera).
Ho sempre desiderato non tanto diventare madre, ma diventare sua madre. Ho sempre sognato una figlia come lei, nel bene e nel male. E quando proprio mi fa incavolare all’ennesima potenza mi viene da sorridere (ma non posso perché devo fare la parte della dura), perché anche quel lato del suo carattere mi piace. E sorrido nel pensare che da grande sarà una vera rompixxx, cioè volevo dire una che darà del filo da torcere ad un po’ di persone. (ad essere sincera, secondo me quel filo lo spezzerà un bel po’ di volte).
Un’altra me… un guaio simile…
Mi sono sempre immaginata con una figlia femmina, ma mai come una madre. Ok, è un discorso un po’ contorto ma alla fine è semplice. Mi capita di svegliarmi e di passare accanto al suo letto e pensare perché c’è quel letto, soprattutto, chi ci dorme. Mi capita di fissarla imbambolata e di uscire dallo stato comatoso al suo ennesimo “Mammaaaaaa” gridato perché pensa che io sia sorda. (Amore, sorda no. Pensa che mi chiamano orecchio bionico. Se mi stai leggendo, sappi che lo so che mi chiami così.)
Ecco, quando mi chiama MAMMA mi capita di avere un attacco di orticaria. La parola MAMMA si traduce in responsabilità (ce l’ho), controllo (ce l’ho), severità (ce l’ho), dolcezza (ce l’ho), xxx (ce l’ho), xxx (ce l’ho), xxx (ce l’ho), anni che passano (mi manca).
No, non fraintendete. Non mi sento e non voglio fare la Millennials. Io appartengo alla generazione X e ne vado fiera. Il problema è che sono rimasta nella generazione X. Mi sento imprigionata in un tempo che è passato e che non tornerà. Oh, se avete un dottore buono da consigliarmi scrivete nei commenti perché mi rendo conto da sola che questo post è un po’ contorto. La cosa buona è che scrivendo ho capito come è nato.
Ieri (bella giornatina ieri) mi è stato chiesto quanti anni ho e sono rimasta un attimo in silenzio. “Scusa, non volevo essere offensivo.” – “Ma quale offensivo. E’ solo che non so quanti anni ho (ma allora hai bisogno di un medico veramente bravo! – Te l’ho detto!!).” Vi spiego bene. Alla domanda quanti anni hai, a me viene spontaneo rispondere 28 anni (ahahahahaha… che ti ridi?). E’ una risposta di getto, non pensata.
Mentre il mio corpo accoglie con serenità l’avanzare del tempo, la mia mente rimane ferma a 28 anni.
Da una parte è bellissimo perché sono sempre giovane, con la mente attiva, con mille progetti, con tanta voglia di fare. Dall’altra è un pugno in faccia tremendo perché mi sembra di aver vissuto senza aver vissuto (cavolata perché ho fatto tutto quello che volevo e non ho rimpianti se non quello di non aver creduto troppo in me stessa. Però posso rimediare).
Ho 28 anni, sto cercando di capire in che ruolo posizionarmi nel mondo, cosa fare da grande, quale strada percorrere. Sto crescendo lentamente in un mondo troppo frenetico. Sto studiando per migliorarmi, sto lavorando per realizzarmi, ma sono stata messa a ricoprire un ruolo per il quale non so se sarò mai all’altezza (altro che AD di una grande società). Un ruolo che nessuno potrà mai insegnare, un ruolo che nessuno potrà mai studiare dove l’unica maestra è l’esperienza, il tempo, la pratica, la pazienza.
Un ruolo duro, faticoso, impegnativo. Un ruolo che non ha orari, non ha giorni di ferie o malattie. Un ruolo che non ammette stanchezza o distrazione. Un ruolo che… ma chi telo fa fare?!?! (spesso me lo chiedo e, come me, sono sicura che qualche volta te lo sarai chiesto anche te).
Un ruolo che è il più speciale e bello del mondo e che sei certa di svolgere nel migliore dei modi quando passando accanto a quel letto controlli se respira, le sistemi le coperte, le dai un bacio impercettibile e sorridi mentre il cuore dentro di te si riempie di gioia. Quella gioia che ti ripaga dalle ore perse di sonno, dalla stanchezza accumulata, dai mille sacrifici quando una vocina dolcissima ti dice…
“Mamma, sei la migliore del mondo. Io ti voglio tanto tanto bene.”