Con in mano un bicchiere di vodka lemon, poca vodka e molta lemon come suggerisco ogni volta al barman di turno, osservo attentamente la penombra della sala.
In realtà non vedo una ceppa leppa perché le lenti a contatto mi si seccano dopo tre secondi in una sala piena di fumo prosciugando tutto il lago di lacrime che non ho versato per l’ultimo idiota che mi ha fatto soffrire. Sì, ancora non è passata la legge che vieta di fumare nei locali e no, non sono solo i miei occhi a risentirne. I miei capelli puzzano, i miei abiti puzzano, la mia pelle puzza. Non riesco a starmi vicina per quanto puzzo. Per l’ennesima volta sarò costretta a lavarmi i capelli prima di andare a dormire perché odio la puzza di fumo sul cuscino e sui capelli che si appiccicano sul mio viso. E comunque odio anche la doccia alle 4 del mattino.
Mi annoio. Se la musica non mi piace non ballo. E spesso non ballo. Però se la musica mi piace sono capace di ballare ininterrottamente tutta la notte, nonostante il mio essere precaria su un tacco 12, nonostante l’atroce dolore che mi provoca un tacco 12.
“Tesò, c’è uno carino. Ha i jeans e la camicia bianca. Non ti girare subito però!”
Non riesce a terminare la frase che ho già il collo girato tipo mantide religiosa. L’ho fatto di scatto e senza troppa grazia. Domani mattina il torcicollo è assicurato. Una rapida occhiata alla sala, da destra a sinistra e da sinistra a destra. Fisso la mia amica…
“Tesò, sono tutti in jeans e camicia. Ma cosa è una divisa?” – Beh, ad essere sincere loro stanno ai jeans + camicia come noi stiamo al nero + tacchi (per essere magre e alte, ovvio).
“Quello con i capelli neri.”
Perfetto! Tolti due biondi e un pelato che non ho neanche notato (lo farò in seguito, ma ancora non lo so), sono tutti mori. Guardo la sala, la mia amica, la sala, la mia amica, nuovamente la sala e ci rinuncio. Troppi mori tutti uguali per me.
Avvicino distrattamente la cannuccia alle labbra, sorseggio quel liquido ghiacciato e.. caspita, ci hanno dato sotto con la vodka questa volta. Appoggio il bicchiere sul tavolino mentre sento un discreto bruciore propagarsi nello stomaco.
Improvvisamente mi alzo e inizio a ballare. No, non sono i postumi della vodka. Il dj ha appena messo una delle mie canzoni preferite. Ballo raggiante sul mio tacco 12. Ballo come non ci fosse un domani. Ballo con le gambe sempre più leggere. Forse davvero la vodka sta facendo effetto.
Guardo l’orologio e mi accorgo che sono due ore che ballo senza sosta. Le gambe sono decisamente più stanche e meno leggere. Il revival 70-80-90 ha un non so ché di magico, di ipnotico… Come è bello far l’amore da Trieste in giù… E le cicale, cicale, cicale… Ufo robot, ufo robot… Maracaibo, mare forza 9…
La sala inizia a svuotarsi e anche noi decidiamo di andare via. Lasciata la pista mi avvio tremante verso l’uscita. Le gambe mi sorreggono a stento. Indosso la giacca ed esco nel buio di una notte romana, di un’ottobrata romana (se non sei mai stato a Roma nel mese di ottobre non puoi capire). Ancora esistono le mezze stagioni e una leggera brezza fa muovere dolcemente i miei lunghi capelli lisci (la piastra, attualmente, è una delle mie migliori amiche). Una ciocca di qua, una ciocca di là e… mamma mia quanto puzzano!
Saltellando da un sampietrino all’altro (per evitare rovinose cadute e pessime figure) mi avvio verso lo scooter parcheggiato accanto a quello della mia amica. Mentre lei si prepara lentamente, io mi sistemo velocemente. Forse un po’ troppo velocemente. Tolgo la catena, apro il vano sottosella, tolgo il casco, inserisco la catena, chiudo tutto, indosso il casco, metto in moto, “Ciao tesò, ti chiamo quando…” e BOOM!
“Che beep fai tesò? cadi?” – No, in realtà mi piace spiaccicarmi sull’asfalto. Sono comoda così.
“Ho dimenticato il bloccadisco.” farfuglio mentre provo a muovermi. In realtà non riesco a muovere nulla, soprattutto lo scooter che è sopra di me. Alzo lo sguardo e vedo due ragazzi che mi fissano ridendo.
“Invece di ridere venite a darmi una mano!” – Devo essere stata molto convincente perché me li ritrovo addosso in due secondi. Mi liberano dallo scooter, raccolgono qualcosa in terra, mi fissano e… “E questo?”
Barcollo, ma non mollo. Mi metto in piedi e perdo l’equilibrio. – Lo sapevo, mi sono rotta una gamba. Ora come faccio? – Fisso i miei piedi, le loro mani, il mio piede, la sua mano e… e fisso il mio tacco nella sua mano. Gli strappo il tacco dalla mano e lo nascondo nella tasca. Torno a fissare il mio piede, alzo lo sguardo, petto in fuori e pancia in dentro, Con tutto il mio equilibrio precario ringrazio il ragazzo moro in jeans e camicia bianca.
Mentre lo guardo allontanarsi mi sale un dubbio. Mi giro verso la mia amica che come se mi avesse letto nel pensiero “Si tesò, è proprio lui.” – Bene, ma non benissimo.
“Almeno così sono riuscita a vederlo…”
Tolgo il bloccadisco,metto in moto e mi perdo nel traffico di Roma. Ad ogni semaforo ho gli occhi dei curiosi puntati addosso. Riesco a sentire i commenti cattivi delle ragazze sedute sul sedile del passeggero mentre puntano il dito verso il mio piede. Mi volto e lancio il più strategico dei sorrisi sia a lei sia a lui (tiè, ora non sghignazzi più eh! E poi, giusto per la cronaca, sto lanciando una moda. Quando vedrai la scarpa col tacco senza tacco ricordati di pensare a me…).
Ovviamente non ho più rivisto i due tipi. Ovviamente non sono più tornata in quella discoteca. Ovviamente non ho imparato la lezione del bloccadisco. Ovviamente la storia dei tacchi non finisce quà.
To be continued…