Negli ultimi tempi si è tanto parlato di blu whale, la famosa balena blu. Poi famosa…dipende cosa si intende per famosa. Per me famose sono Giuseppina la balena verde e prima ancora Moby Dick. Ma allora perché questa blu whale è tanto famosa? Perché siamo noi a renderla tale, siamo noi a decidere la notorietà di qualcuno o di qualcosa.
Sono sempre stata descritta come una ribelle, un anello di rottura, una persona asociale. Paradossale vero, eh?! Io tanto social, che sbandiero i fatti miei a destra e manca, descritta come asociale che la A non è perché sono romana A-sociale. No! La A è un’alfa privativa, cioè non interagivo. Io?!? Capite? E’ proprio una contraddizione in termini, ma veniamo al punto.
Quando internet ha bussato alla porta di casa nostra, lo abbiamo fatto entrare con calma. E se dico calma intendo molta calma. Che quando tentavamo una connessione iniziavano quei 10-15 minuti di frastuono in casa, di telefono fisso che sputacchiava, di pc grande quanto tutta la scrivania con l’immagine della connessione con un universo parallelo e con me ipnotizzata davanti allo schermo a guardare quella sorta di collegamento con ET o chi per lui. Connessione che impiegava 30 minuti per arrivare e poi 30 secondi per perdersi.
Io, adesso, non so esattamente quale è stato il vostro approccio con internet ma il mio approccio è stato con C6. Vi ricordate C6? La chat di Atlantide prima e di Virgilio poi. Prima di Virgilio esistevano solo i giochi del Commodore 64.
Con C6 mi si è aperto un mondo, che poi poteva tranquillamente chiamarsi C6 O CI FAI perché c’erano certi soggetti che a descriverli ci vorrebbe un cantico della Divina Commedia. Per me C6 è stata la prima chat ed era bella perché potevi interagire con persone simili a te. Cioè credevi fossero simili a te per poi scoprire che OMG, e chi saresti tu? Potevi inserire la fascia di età (no vecchi, che poi per me 30 anni erano vecchi), città ROMA (chi mi conosce sa che per me gli stranieri sono coloro che abitano fuori dal GRA), sport pallavolo e calcio (che se giochi a bocce ti accompagno al circolo anziani), hobby pochi ma buoni (che, se ne hai troppi, sarai troppo impegnato). Poi spingevi il pulsante e se eri fortunato ti comparivano persone simpatiche da conoscere. Ecco, io cercavo nuove amicizie perché quando arrivava l’estate mi annoiavo.
Una volta ho conosciuto un ragazzo. Sembrava simpatico e tranquillo. Sottolineo l’importanza del sembrava. Si chiacchierava, aveva i miei stessi interessi e già la cosa doveva puzzarmi. Il ragazzo perfetto non esiste, il chattatore perfetto si. Quello che studia le mosse dell’avversario perché in fondo, dobbiamo tenerlo sempre a mente, internet è un bellissimo gioco e se lo sai usare bene ti diverti alla grande. Ecco, io ero una discreta giocatrice. Avevo più di un numero, forse 3 o 4 schede. Ad un certo punto ho perso il conto, ma ogni nuova promozione era una nuovo gestore e un nuovo numero. Una delle schede era dedicata alla chat e non avevo problemi a dare quel numero perché decidevo io quando giocare e come giocare.
Dalle ore tot alle ore tot si giocava con il virtuale, per il resto della giornata c’era il mondo reale.
Bene, cioè male, ma veniamo al succo. Questo ragazzo, di cui non ricordo assolutamente il nome (forse psyco), l’ho incontrato una sola volta al Mc di Colli Albani. Luogo pubblico così non avevo problemi e abbastanza in zona così da essere protetta dagli amici. Forse l’incontro più pesante di C6. Forse ero sempre stata fortunata. Forse era arrivato il momento di smettere e lui era solo il mezzo per farlo. Non che fosse brutto (non lo ricordo, forse lo era), ma era proprio pesante e poi aveva uno sguardo che non mi piaceva per niente. Dopo il Mc ho detto che avevo da fare, che mi dovevo incontrare con un’amica(con la scusa del bagno avevo chiamato la mia salvatrice chiedendole di raggiungermi). L’ho salutato con un CIAO, mi ha risposto CI SENTIAMO, l’ho fissato OK (si come no, te piacerebbe!).
Quello è stato l’inizio del mio incubo. Ha iniziato ad invadermi di messaggi su C6, di messaggi sul cellulare, di telefonate. Come inserivo la scheda della chat venivo sommersa di complimenti e di insulti. Ero diventata la sua ossessione. Era diventato il mio stalker. Ovviamente lo ignoravo perché l’indifferenza è il maggior disprezzo.
Un giorno, dopo aver inserito la scheda della chat, al posto dei suoi messaggi, al posto dei suoi insulti, ho iniziato a ricevere altro tipo di telefonate. Conversazioni che evito di raccontare, ma che ok la prima, ok la seconda, alla terza ho voluto vederci chiaro. Ho comunicato che il mio telefono era sotto controllo della polizia perché avevo avuto dei problemi e che le mie conversazioni venivano registrate. Il mio interlocutore si è messo paura e mi ha raccontato tutto. Il mio numero era in un sito di incontri di un certo tipo. Mi sono fatta dare il link rassicurandolo che non lo avrei denunciato. La conversazione si è interrotta con il malcapitato che mi faceva i complimenti per la mia intelligenza (beh, grazie ancora).
Ho visto il sito, ho visto il profilo legato al mio numero di telefono. Non mi sono arrabbiata. Ricordo di aver riso pensando alla stupidità di certe persone. Sapevo già chi era l’autore di tutto. Avrei potuto denunciarlo, ma non volevo più avere niente a che fare con un soggetto di quel tipo. Ricordo che gli ho mandato un messaggio prima di distruggere quella scheda “Non ti denuncio solo perché mi fai pena!”.