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La mia prigionia da covid-19

Inizia una nuova giornata. Apro gli occhi, mi guardo attorno nel buio della stanza. Non ricordo più né il giorno della settimana né il giorno di quarantena in cui ci troviamo.

I giorni scorrono lentamente, tutti uguali. Non ricordo neanche l’ultima volta che mi sono guardata allo specchio per truccarmi. Mi ero imposta di farlo sempre così da imparare anche i trucchi del mestiere, poi ho rinunciato. Forse domani lo faccio, ma oggi no. E’ domenica e voglio far respirare la pelle.

Raggiungo la cucina e inizio a prepararmi la colazione. Chi mi conosce sa che non posso iniziare la giornata senza aver fatto la colazione. Accendo il pc, prendo la tazza con il cappuccino e sbircio il telefono. Inizio a rilassarmi, ma all’improvviso…

“Mammaaaaaa… vieni!”

Ah, ecco! Più che inizio a rilassarmi, è più corretto dire che iniziavo a rilassarmi. Vado dalla baby che vuole fare colazione… chissà da chi avrà ripreso…

“Julia, dormi ancora un pochino. Oggi è domenica.” Come se il fatto che domani sia lunedì possa cambiare qualcosa.

“Mamma, oggi è sabato!”

“Come sabato? Oggi è domenica!”

“No, mamma. Ieri sera c’era Amici, quindi era venerdì ieri. Oggi è sabato.”

Cavolo! Non ci avevo pensato. E quando sarà terminato Amici come faremo a ricordare i giorni della settimana?!”

Torno in cucina e preparo la colazione anche alla baby. Ci mettiamo sedute e ascoltiamo il silenzio. Sono giorni che non sentiamo rumori provenire dalla strada. Sembra di vivere in un film muto il cui silenzio viene interrotto soltanto dalle sirene delle ambulanze.

Dopo la colazione ci attendono i compiti. Questa la nostra nuova forzata quotidianità. Ci prepariamo, ci vestiamo e facciamo finta di andare a scuola. Lei è sempre un’alunna. Io mi sono trasformata in maestra. Chissà se a fine anno avrò voce in capitolo sul giudizio finale.

Fortunatamente la baby ha una vena artistica e viviamo il tutto come se fossimo all’interno di un telefilm. Speriamo solo che non ci siano troppe puntate.

La mia attenzione viene rapita da un rumore esterno. Un rumore che prima mi avrebbe anche un po’ innervosita, ma che oggi mi strappa un sorriso. Un rumore che sa di normalità, di quella quotidianità che sembra lontana anni luce. Il rumore di un allarme che stride con l’obbligatorietà di stare a casa.

Mi affaccio e resto ad ascoltare quel suono familiare. Quel suono piacevolmente fastidioso. Fisso il vuoto per cercare di capire da dove viene. Voglio quel contatto visivo con qualcosa che sia esterno dalle mura domestiche.

Come è venuto, così il suono scompare. Ritorno improvvisamente nella mia condizione di prigioniera in casa mia. Ripenso a un articolo che ho letto… il virus come è arrivato, così scomparirà. E, chissà, se senza troppi clamori torneremo alla normalità.

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