Non posso assolutamente perdermi, in ordine, il saggio di danza e la recita di Natale a scuola. Cioè dico, il primo saggio di danza e la prima recita di Natale alla materna, con tanto di canzoncina, poesia, lacrimuccia.
Prendo il permesso in ufficio, anzi due permessi perché TIU’ IS MEGLIO CHE UAN (e non l’amico di Bonolis. Ah, ve lo ricordate, quanto mi piaceva. Ok, voi state pensando alla pubblicità con Stefano Accorsi, vi capisco).
Martedì schizzo come un razzo missile dall’ufficio, prendo la metro al volo, arrivo a casa trafelata, apro la porta, lancio la borsa, chiudo la porta e corro in palestra da mia figlia. Mi vede, mi abbraccia e… piange! No, amore. E’ la mamma che piange mentre la figlia la guarda come a dire “smettila, mamma”. Questa volta lei piange ed io la guardo come a dirle “smettila di piangere, smettila di piangere”.
Arriva l’insegnante, le lancio Julia e me ne vado. Lei riesce, in qualche modo, a prenderla al volo, mi guarda e le bisbiglio “non esisto, non mi deve vedere”. Le osservo da lontano, Julia si calma ed io sono serena. Sento la musica, provano i passi, Julia ride.
Si aprono le porte, entrano i genitori, mi metto seduta in prima fila (non ho neanche dovuto uccidere per il posto in prima fila), prendo il telefono, inizio a scattare foto e fare filmati, lei mi intercetta e… inizia a piangere. Cerco di nascondermi, ma ormai sono fregata.
Inizia il saggio e lei piange, il suo primo saggio e lei piange, il mio primo saggio ed io non posso piangere perché mi ritrovo a consolarla da lontano. Ma che cavolo! Era il mio primo saggio da mamma piagnona, volevo piangere, dovevo piangere, era il mio momento e mi è stato impedito di piangere.
L’insegnante, una santa (devo ammetterlo), l’ha presa per mano e le ha fatto fare il saggio con le altre bimbe. Tutte ridevano e mia figlia piangeva. Terminato il balletto me l’hanno lanciata (sono stata ripagata con la stessa moneta). Avevano capito subito chi era la mamma della bimba piangente, l’unica mamma che non piangeva. L’ho presa al volo e ha smesso di piangere. “Perché piangevi?” – “Perché volevo te.” – “Ok, ma mamma voleva piangere mentre facevi il saggio.”
Mercoledì vado a scuola con il coinquilino, due genitori emozionati. Incontriamo gli altri genitori emozionati, scambiamo due chiacchiere per stemperare la tensione, ma io già sapevo. Entriamo in classe e li vediamo tutti seduti, vestiti uguali, bellissimi. Ridono, scherzano, salutano. Mia figlia ride, scherza, saluta. Ok, è arrivato il mio momento di piangere. Prendo il fazzoletto, sta per uscirmi una lacrima e lei… inizia a piangere. NO! Dico NO! E che cavolo!!! Sono io che devo piangere, io la mamma.
Si ripete la scena, attorno a me mamme in lacrime ed io che faccio il pagliaccio cercando di far ridere mia figlia, cercando di distrarla. Parte la canzone e lei piange. Parte la poesia e lei piange. Parte la maestra dicendo “Dove è la mamma di Julia?” – “Se ne è andata perché voleva piangere e non le è stato possibile” – Si sono girate tutte verso di me, ero circondata. La maestra ha detto a mia figlia che poteva andare dalla mamma. Un secondo dopo avevo mia figlia al collo che rideva. “Perché piangevi?” – “Perché volevo te.” – “Ok, ma mamma voleva piangere mentre facevi la recita.”
Siamo tornate a casa e sapete cosa ha fatto? Ha ballato tutto il saggio, anche i passi che non sapeva. Ha cantato la canzone, ha recitato la poesia e mi ha detto “Mamma, perché non piangi?”