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Mamma è morta

“Mamma, oggi l’ho detto.”

“Cosa, amore?”

“Ho detto che mamma è morta.”

(Scongiuri, strascongiuri, tocca ferro, tocca tutto, tuta-tuca) “Cosa????? Ma lo sai che quando una persona muore va molto lontano per tantissimo tempo? Non la puoi più vedere, non ci puoi più parlare, non ci puoi più giocare, non ci puoi più passeggiare insieme… Non è una cosa bella.”

“Anche mia nonna me lo ha detto.”

“Ok, quindi?”

“Allora papà è morto.”

“No, amore. Papà è vivo, è di là che lavora. Maassiiii, fai gli scongiuri che Julia dice che sei morto. Amore, andiamo a giocare che è meglio.”

“Ok, mamma. Tu fai la figlia ed io faccio la mamma.”

“Ok. Ciao mamma, ti voglio tanto bene.”

“Figlia, lasciami stare!”

“Mamma perché mi dici così?”

“Mi devi lasciare stare. Devo andare a lavorare”

“Rovazzi esci dal corpo di mia figlia! Immediatamente!!!”

Ecco, sapevo dove voleva arrivare. Sapevo su cosa mi voleva colpire e, forse, anche punire. Sapevo che dietro alla frase Mamma è morta c’era un significato e, purtroppo, immaginavo già quale potesse essere. Ho continuato il gioco cercando l’abbraccio di mia madre (Julia), ma lei mi ha respinta. Non una, non due, ma più volte. Ho fatto finta di andarmene perché mi sentivo abbandonata da mia madre. Lei non mi ha raggiunta.

Con la morte nel cuore ed un dolce sorriso sulle labbra io, mamma Dona, ho abbracciato lei, figlia Julia. Ho trattenuto non una, non due, ma un fiume di lacrime. L’ho stretta in un abbraccio fortemente dolce. Ho respirato il suo profumo da bimba come fosse la mia ultima boccata d’aria. Le ho dato uno, dieci, mille baci, come non ci fosse un domani. Con estrema calma le ho ripetuto la nostra frase… “Amore, ricordati che mamma ti ama e ti amerà sempre.”… in quel momento ho sentito le sue manine unirsi in un abbraccio e la sua dolce vocina ripetere a pappagallo… “Amore, ricordati che mamma ti ama e ti amerà sempre.”

Per lei sono la sua mammina, ma anche la sua figlia. Quando ci sentiamo al telefono mi chiede sempre cosa ho mangiato e come è andata a scuola (le domande che faccio sempre io a lei). Poi mi chiede quando torno e perché vado al lavoro.

Diciamo che siamo un bel duo io e lei, ci intendiamo con un semplice sguardo, ci cerchiamo sempre. Il nostro idillio si interrompe quando arriva lui, non lui il coinquilino poverino, ma lui il lavoro. Il lavoro nobilita l’uomo è vero, ma secondo me rovina la donna, o meglio, la mamma. Non ci credevo quando mi dicevano che per fare l’uno bisogna sacrificare l’altro. Caxxate!! pensavo. Volere è potere e, se uno vuole, può far coesistere tutto basta farlo in maniera intelligente.

Ci ho provato, lo ammetto. Come oggi ammetto, forse, la sconfitta. La sincerità fa parte del mio carattere e ammettere, pubblicamente, una mia sconfitta non mi turba. Anzi, può solo che farmi migliorare.

Julia aveva 6 mesi quando sono rientrata al lavoro e non l’ho fatto in maniera soft. Le 6h canoniche per l’allattamento dopo una settimana si sono trasformate, magicamente, in 7h e poi in 8h. Entravo in ufficio catapultandomi in un mood lavorativo senza bambini e tornavo a casa catapultandomi in un mood familiare senza lavoro. Ci stavo riuscendo, ero felice di me, mamma tot ore al giorno e lavoratrice tot ore al giorno. L’uno non recava danno all’altro, tenevo il piede in due scarpe, ero l’amante perfetta. Tenevo due relazioni in contemporanea dedicandomi al 100% ad entrambe.

Tutto andava bene fino a quando non mi è stato chiesto di più.

JULIA – come tutti i bimbi vuole la sua mamma e, se quando la cerca non c’è, inizia a far sentire il suo disagio. Dice che sono morta, giochiamo e mi abbandona. Mi chiede di accompagnarla a scuola, di andarla a riprendere alle 13, di stare con lei il pomeriggio, di portarla in piscina e a danza. Ovviamente, non mi è possibile fare nessuna di queste cose. Le dedico tutto il tempo che ho, nonostante la stanchezza fisica e mentale, ma non è abbastanza. E ha ragione.

LAVORO – come tutti i datori di lavoro vogliono più sforzi e zero lamentele. La parola miglioramento l’ho sempre sentita in maniera verbale, vista poco o niente all’atto pratico. Ci chiedono più impegno, sia fisico sia mentale, ci chiedono lo sforzo di rimanere in ufficio fino a quando non abbiamo soddisfatto le richieste dei Clienti. Ovviamente faccio tutte queste cose. Dedico al lavoro anche il tempo che non ho, ma non è abbastanza. E non ha ragione.

Se non vi sta bene potete andare via, nessuno vi obbliga a rimanere. La voglia di lavorare mi obbliga a rimanere. Non riuscirei a stare a casa a non fare nulla, senza considerare il lato economico ovviamente. Mi piace lavorare, ma bisogna lavorare per vivere e non vivere per lavorare. Le mamme dovrebbero avere un tetto massimo di ore lavorative, per legge, così da avere anche del tempo da dedicare alla cura dei figli.

Purtroppo l’Italia è il paesotto dei politici. C’è il paradiso fiscale e il paradiso politico. Ecco, noi siamo la seconda. Che culo! Le leggi, come le giri le giri, sono a favore loro. Quello che tolgono da una parte (facendo vedere che abbassano le tasse) te lo mettono nel di dietro (scusate il francesismo). Come la giri la giri vincono loro. Ma qui non devono vincere loro, non deve vincere l’oligarchia ma il popolo. Continuando così non ci sarà nessuna crescita economica, l’Italia sta implodendo su tutti i fronti.

Cari miei politici pancettosi, magnate de meno! Capisco che la bella vita piace a tutti, ma dateve ‘na regolata! Lavorate per far rinascere questo Paese, non per far vivere nel lusso voi stessi. A me del lusso interessa poco. Desidero vivere e lavorare in maniera corretta ma, soprattutto, avere del tempo per i miei cari e per me stessa. Se inizia a girare l’economia forse iniziano a rispuntare i sorrisi sui volti delle persone. Sì, l’Italia è diventato un Paese di musoni altro che bel Paese di gente allegra.

Non voleva essere un palloso post politico anche perché, chi mi conosce, sa come la penso. Io il Parlamento lo chiuderei, come chiuderei tutti gli altri Palazzi e tutte le persone dentro le manderei a lavorare. Mi girano le balle quando sento mia figlia dire che sono morta perché non sto con lei, ma non posso permettermi di stare a casa con lei perché lo stipendio mi serve per pagare le tasse e altre cose assurde. Mi girano le balle quando mi viene chiesto di tagliare l’impossibile mentre c’è gente che, oltre a non tagliare nulla, si aggiunge. Mi girano le balle quando vedo blu le mille auto blu blu sfrecciare per Roma. Mi girano le balle quando mi girano le balle come oggi.

Buona giornata!

 

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