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L’estate addosso

Il profumo del mare, il calore del sole, la luce che vince sul buio, occhi persi sognando mete lontane, le serate a ballare sulla sabbia, la fine della scuola, la pausa dal lavoro… l’estate addosso!

I negozi chiusi, le strade deserte, nessun programma decente in tv, nessun rumore in sottofondo, l’arrivederci ai compagni di studio, le giornate sempre uguali cercando di spezzare la monotonia… l’estate addosso!

L’estate è la stagione che amo di più in assoluto, ma anche quella che temo di più.

Da questa stagione ci si aspetta tanto, troppo, e a me le aspettative spaventano sempre un po’. E se poi il risultato finale non è come la previsione iniziale? E’ un po’ come il capodanno, devi divertirti per forza altrimenti è come se non hai vissuto.

Strano il destino. Sono nata proprio nel pieno dell’estate, il 10 luglio, mentre il sole di Roma faceva compagnia ai turisti che animavano le vie del centro. Si, sono nata al centro di Roma, in una piccola traversa di Via del Corso. Evidentemente, fin da piccola, avevo bisogno di sentirmi circondata dalla vita… la bella vita!

Ricordo i compleanni festeggiati con gli amici. No, non è vero. Gli amici non c’erano mai. Con la chiusura delle scuole Roma iniziava a spopolarsi. I miei compleanni sono sempre stati in famiglia, bei ricordi vero, ma io ho sempre desiderato una festa di quelle da bambini… giochi, divertimento e panini. Anche i 18 anni non li ho festeggiati a luglio, ma a settembre quando ormai Roma straripava di gente.

Anche l’estate della maturità è stata un disastro. Avrei dovuto festeggiare la fine di un percorso davvero duro, 5 anni di studio molto pesanti. Io, portata per le materie scientifiche ed artistiche, stavo terminando il percorso al liceo classico e facevo anche parte della squadra di pallavolo della scuola e stavamo in finale e… proprio durante il riscaldamento di quella finale mi sono rotta il menisco e il legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro. Operata il giovedì, ho iniziato gli esami di maturità il martedì successivo con il caos in testa, reduce da un’anestesia totale e poi tutta l’estate a fare riabilitazione con la gamba stretta in un tutore. Nessun bagno al mare, ma solo tanta piscina cercando di recuperare il prima possibile per tornare in campo a settembre.

Le mie estati da studentessa universitaria erano senza profitto. Non riuscivo a concentrami circondata dal silenzio, avevo bisogno di caos. Ricordo che, cosa folle lo so, tutte le mattine in sella al mio scooter andavo a studiare al mare per sentire almeno il rumore delle onde e dei bambini che giocavano sulla sabbia. Si, mi sono laureata e ancora ho qualche libro pieno di granelli di sabbia e quando sfoglio quelle pagine sento ancora il rumore del mare e le risate spensierate di quei bambini.

Le serate con le amiche, la parte divertente delle mie estati. Alla guida della Seat Marbella rosso Ferrari di mia madre, abbiamo fatto il tour delle discoteche del litorale laziale. Per trovare divertimento bisognava uscire da Roma ed io lo facevo con molto piacere. Volevo il caos, vivevo grazie al caos e il silenzio mi opprimeva. Chi è di Roma lo sa che i romani, nei weekend estivi, migrano verso il mare. E’ un richiamo naturale.

Sono cresciuta, ho un lavoro che mi distrae, una famiglia che mi impegna, amici e nemici, ho nuovi hobby e nuovi progetti, ma il silenzio dell’estate romana ancora oggi mi mette un senso di oppressione addosso.

Non so voi, ma per me il rumore del silenzio è il più assordante che si possa sentire.

L'estate addosso... mare Salento

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