Lui, lei, l’altro/lui, lei, l’altra. Il triangolo NO! Sfido chiunque a trovare un equilibrio in tre e non parlo di un altro uomo o di un’altra donna perché, in quel caso, l’equilibrio si è scelto di trovarlo altrove. Parlo di quell’esserino tanto desiderato, tanto cercato e tanto amato fin da subito. Quei 50 cm che ti catapultano dallo stato di coppia allo stato di famiglia. E fin quì tutto ok. Il problema è che siamo cresciuti a pane del Mulino Bianco e per noi la Famiglia è quella perfetta, quella del mi sveglio già truccata e con il sorriso sul viso perché la colazione è già in tavola (scusate ma chi cavolo l’ha preparata, la fata turchina?), i bimbi si svegliano e dopo un secondo sono già lavati, vestiti e pronti per la scuola. La verità (ti fa male lo so) è che la famiglia del Mulino Bianco non esiste e l’hanno bannata anche dalla tv (avete più visto quel tipo di pubblicità? Ora si svegliano nella jungla sempre perfetti ok, ma nella jungla non mi voglio svegliare!)
Non so voi, ma io la mattina mi sveglio quasi sempre con una costola inclinata e se non è inclinata di diciamo almeno 20° è comunque dolorante a causa di un calcio rotante sferrato dalla dolce e tenera JP. Detto poi da una non amante del cosleeping, che appena la zeroenne è entrata in casa ha familiarizzato con il suo lettino nella sua stanzetta ed oggi (quasi maggiorenne) vuole solo “Ninne e mamma”. Ti svegli ancora assonnata perché la tua sveglia è all’alba per necessità, devi preparare la colazione (no, nella realtà non esiste la fata turchina che te la fa trovare già pronta con il profumo di caffè e cornetti che pervade la casa. Nella realtà sei tu che la prepari e, come minimo, farai qualche danno tipo caffè o latte in giro tra i fornelli). Devi lavarti/vestirti/truccarti in tempi record (no, nella realtà non ti svegli già truccata, pettinata e pronta per la giornata. Nella realtà ti svegli una chiavica e se voi vi svegliate perfette sappiate che non siete umane). Devi svegliare il terzo soggetto della coppia (anche perché il secondo fa finta di essere morto per non essere disturbato) che ti guarda con un minuscolo occhietto semiaperto, ride e ti lancia una serie di calci per tenerti lontana (inutile iscriverla a Karate). Non ti arrendi e studi una tattica per spiazzare l’avversario, la abbracci bloccandole i piedi, la baci e la costringi ad una posizione eretta o similare, ma lei si ributta a peso morto sul letto e spesso anche sul finto morto (il secondo soggetto della coppia per intenderci) che colto da sorpresa si contorce dal dolore lamentandosi in lingue sconosciute. Bene, quando finalmente sei riuscita a farli svegliare e alzare, il soggetto due deambula per casa tipo zombie barcollando stile cammello di Aldo/Giovanni/Giacomo e lei, caricata a molle, inizia l’inventario dei suoi giochi. Nel frattempo te che ti eri svegliata all’alba sei in mega ritardo quindi inizi ad imprecare contro soggetto due e soggetto tre. Ti trasformi in un razzo missile e schizzi in ufficio dove trascorri gran parte della tua giornata e dove ti arrabbi ogni secondo che passa e ti stressi e ti deprimi e pensi che vorresti essere a casa, al parco, in vacanza in giro per il mondo, comunque con loro a cercare l’equilibrio del trio. Poi torni a casa ed entri nella tua vita, quella che vorresti cambiare per renderla migliore, quella che al momento ti sta stretta, quella che ti piacerebbe goderti soggetto due e soggetto tre ed invece devi fare altre mille cose. La casa è disordinata e tu la vuoi sistemare perché odi il disordine e speri di avere i poteri di Samantha (Una vita da strega per intenderci), soggetto due impegnato nel suo lavoro, soggetto tre che ti chiede di essere presa in braccio, di giocare e tu che sei combattuta tra il pulire ed il giocare e alla fine pensi andiamo al parco così non vedo e non soffro. Poi esci ed è notte (ancora non ti entra in testa che torni tardi dall’ufficio) ed il parco non è così indicato, quindi fai un giro nel quartiere (fatti vedere proprio, ma da uno bravo) e poi torni a casa con soggetto due che ti chiede “Ma sei già tornata?” – “Sono le 20”. Ecco prepari la cena e la tua giornata è terminata.
Durante tutto il giorno hai meditato, studiato, pensato a come trovare l’equilibrio a tre, hai riempito fogli e fogli di formule, integrali e studi di funzione, ma non funziona. Non si parla di formule matematiche, ma di formule della vita e nel momento in cui avrai capito come incastrare la vita di coppia alla vita familiare e la vita familiare alla vita di coppia avrai trovato la tua chiave di volta ed anche di svolta. Fare i genitori riempie ogni spazio vuoto, ma anche ogni spazio pieno e ti chiede impegno, pazienza, allegria, forza. E tutte le tue forze, anche quelle che credevi di non avere, si concentrano su quell’esserino che le vuole tutte e le ottiene. E quando, finalmente, quell’esserino è crollato sei crollata anche tu e forse anche prima. Mentre lei salta sul letto per consumare le ultime energie della giornata tu sei già in compagnia di Morfeo. E chissà, forse stai sognando la tua vita di prima e sorridi, rivedi te stessa con tante buone intenzioni, sogni, progetti e poi ti compare il presente ed iniziano gli incubi perché ti manca quello che eri, spensierata, serena senza mille pensieri.
Bene, l’equilibrio a tre non è facile da raggiungere, tanto meno da ottenere perché allo stress del lavoro si aggiunge quello di un figlio che crea scompiglio, spesso combina guai, si impegna a farti perdere la pazienza, ma tu lo ami con tutta te stessa ed anche più di te stessa e passi sopra a tutto. Ecco, lo stesso impegno che avete verso soggetto tre cercate di rivolgerlo anche verso soggetto due e vedrete che prima o poi arriverete vicine al nuovo equilibrio. Organizzate un weekend fuori o ancora meglio una vacanza in famiglia, l’estate è vicina (quale migliore occasione). Createvi un momento particolare nella quotidianità, un qualcosa da cui ripartire e ricordatevi che il nuovo equilibrio sembra difficilissimo da raggiungere, ma una volta giunti al traguardo vivrete di rendita. Soggetto uno e soggetto due guardatevi negli occhi in cerca della vostra complicità perché è giusto guardare nella stessa direzione, ma ancora più bello è perdersi negli occhi dell’altro.